Dibattito sul futuro del Pri Mantenere vivo uno strumento di libertà Accolgo con piacere l'invito del segretario ad esprimersi sul futuro del partito e, seppure le ultime elezioni hanno consegnato uno scenario di presunto bipolarismo, ritengo che la strada che dovremo percorrere non possa che essere quella saggiamente tracciata poco più di un anno fa nel convegno di Milano. Credo che allora, in modo efficace, sia stato tracciato un percorso che permetterebbe alla nostro partito di mantenere una visibilità ed una dignità politica. E' già nota a tutti la fine che hanno fatto tanti nostri amici che seguirono la chimera dei Ds; confido che, data l'esperienza già vissuta, non si intenda approdare in un "partito" senza anima nato dalla fantasia del suo padrone e che al primo scoccar di dita del suo "democraticamente nominato presidente" non potrà che dissolversi in mille rivoli. Ritengo che, nonostante l'impresa appaia ardua, sia ancora possibile trovare degli spazi politici per riattivare quel dialogo con il paese pensante che ha caratterizzato la nostra esistenza fino agli anni ‘90. Sono molte di più di quanto si possa pensare le persone, le associazioni ed i movimenti che non si piegano all'univocità di pensiero, non si identificano nei due poli e che vagano alla ricerca di un percorso che possa permettergli di continuare ad essere uomini e donne liberi. Ed è proprio la nostra libertà di pensiero che dobbiamo difendere, se vogliamo continuare ad esistere e dare una prospettiva a tutti coloro che sono rimasti nel partito o a quelli che ci hanno lasciati, ma forse non aspettano altro che si ritorni a discutere di politica, di quella vera, non delle panzane berlusconiane o dei piagnistei veltroniani, per riavvicinarsi ed essere pienamente partecipi alle battaglie sotto una bandiera comune. Una bandiera, quella dei repubblicani, di tutti repubblicani. Non più destra non più sinistra, dobbiamo superare i dissidi del passato, eventualmente rinunciare anche al nostro simbolo. E dobbiamo essere coscienti che all'Edera si potrebbe anche rinunciare, ma per entrare a testa alta come padri fondatori di una aggregazione laica e liberaldemocratica che si identifichi nella famiglia comune europea dell'Eldr e che possa ridare slancio al nostro modo di essere e di pensare. Altrimenti, cari amici, meglio la dignità di uomini che la morte per soffocamento. Ma del resto mi chiedo, se veramente crediamo negli ideali laici e repubblicani, come possiamo pensare di entrare nel costituendo "Popolo della libertà", che si identifica come l'avamposto del PPE in Italia, senza esserne fagocitati? Vero è che oggi il centrodestra ha fatto proprie tante nostre battaglie politiche del passato, nucleare, filoatlantismo, abolizione delle province, etc., ma avete mai sentito qualche riferimento o riconoscimento alle origini? Questa nostra posizione di attendismo ci ha portato qualche beneficio? Io purtroppo vedo solamente la riduzione del 33% dei parlamentari eletti e la scomparsa della rappresentanza governativa. Non solo per questo è giunto il momento di svincolarsi, ma perché, se non proviamo a rialzarci attraverso un percorso autonomo, la fine verrà segnata senza più nemmeno il riconoscimento del diritto di tribuna alla prossima tornata elettorale. Dobbiamo rimboccarci le maniche, rinunciando se necessario alle storiche rendite di posizione, smarcandoci tutti assieme, se possibile, da un "Popolo della libertà" che accondiscende alla vergogna delle impronte digitali per il voto in Parlamento, all'elemosina dei bonus natalizi, non disapprova la posizione Formigoni sulla questione Englaro - solo per citare alcuni esempi - e che inesorabilmente ha già preso una china discendente, e dove la rissosità emergerà dilagante. Se è vero, come ha brillantemente chiuso il suo intervento l'amico Suraci, che il futuro è delle nuove generazioni, ribadisco anch'io che è nostro preciso dovere mantenere vivo uno strumento che ci "consenta" di essere liberi e di tornare a fare Politica. Paolo Cipriani, Pri Lodi |